30 gennaio 2012

La serata di preghiera del 28 gennaio

Fonte: Riscossa Cristiana

Che ne dite? Cosa spinge trecento persone, di tutte le età, a passare una serata – quasi tre ore, dalle 19 fin oltre le 21.30 – a prender freddo e pioggia in piazzale Libia a Milano? E tanti di loro ne hanno fatta di strada: chi viene da Bergamo, da Lecco, altri da Vicenza, o da Rimini, da Terni, e da altre città ancora. Tutti lì, in mezzo al piazzale, molti con una candelina accesa in mano, a recitare il Rosario, guidati da alcuni sacerdoti.

Stasera gli agenti di Polizia e i Carabinieri sono pochi in confronto alla serata di martedì scorso. Nel piazzale saranno una quarantina, altrettanti vicino al Teatro. È una serata diversa anche per loro, abituati a controllare facinorosi, o a ricevere dagli stessi sputi e sassate, e a poterli contrastare o meno, a seconda della collocazione politica dei facinorosi. No, stasera sono lì a controllare centinaia di fedeli che pregano.


È una serata diversa per tutti, anche per un uomo triste e superbo, che pretende di contrabbandare per arte l'oltraggio a Nostro Signore Gesù Cristo, che si è fatto inchiodare in croce anche per lui. Ma quell'uomo triste e superbo non lo ricorda, almeno per ora. Si prega anche per lui, perché scenda dal suo piedistallo di sabbia e inizi a usare realmente la ragione.

Ma si prega soprattutto per riparazione a quell'offesa che, qualunque possa essere la ragione più o meno recondita che l'ha causata (e ammesso che quella ragione esista) resta sempre un'offesa inaccettabile, una bestemmia, l'oltraggio inconcepibile al Verbo incarnato, all'Amore infinito che ha salvato l'umanità dall'angoscia in cui l'umanità stessa sembra voler di continuo ricadere.

Cosa spinge trecento persone a prendere freddo e pioggia in una piazza milanese? Le spinge l'insopportabilità dell'oltraggio a quanto di più caro abbiamo nella vita, quel Volto dolcissimo in cui leggiamo la speranza della redenzione dell'uomo, quel Volto dolcissimo che da un senso alla vita, anche al dolore, alla malattia, che darebbe un senso anche al dolore del personaggio immaginato da quell'autore e regista triste e superbo, che invece riserva al suo personaggio solo l'annichilimento nella disperazione. Inevitabile, del resto, perché come ci si salva se si rifiuta il Salvatore?

Freddo e pioggerella insistenti, ma la preghiera prosegue, e i passanti si fermano, qualcuno chiede spiegazioni, nessuno disturba, eccettuato un cretino isolato che passando di lì si sente in dovere di urlare “andate a casa”. Nessuno gli bada.

Dove sono i giornalisti che nella manifestazione di martedì scorso restarono delusi perché non accadde alcun incidente? Forse ce ne sono, ma di sicuro si nascondono bene. Cosa scriveranno domani? Chissà, magari non scriveranno proprio nulla, oppure come pappagalli diranno ancora le paroline magiche: “integralisti”, “ultrà”. Domattina, ci toglieremo la curiosità. Dove sono i professoroni e gli “intellettuali”, gli “opinionisti” che hanno dato rari esempi di onanismo mentale elucubrando su escrementi e “messaggi”, o parlando di qualche “vecchietta” che pregava? Forse ce ne sono, ma anche loro si nascondono bene.

Peccato. Avrebbe fatto bene anche a loro questa serata. Avrebbe fatto bene pregare, fa sempre bene, e avrebbero avuto giovamento anche salutando alla fine un po' dei partecipanti. Si sarebbero accorti di un fatto insolito, in questa società di immusoniti conformisti: che c'erano visi lieti, occhi vispi, sorrisi.

Mi rivolgo a due suore, molto giovani, una è negra. “Da dove venite?”. “Da Terni”. Ovvero, 425 chilometri da Milano. Quando saranno di nuovo nel loro convento, la mezzanotte sarà passata da un pezzo. Altri sono venuti da Rimini, ovvero 340 chilometri da Milano, e ora ripartono. Sorridono, con gli occhi sereni di chi sa di non esser solo.

Poco più in là, sì e no duecento metri, il messaggio della disperazione, del degrado, dell'impossibilità di trarre l'uomo dalla sua miseria, viene venduto al botteghino e finanziato con quegli stessi soldi pubblici con cui si potrebbe far del bene. Ma tant'è, ci hanno detto che questa è “cultura”, e, si sa, la cultura è merce preziosa, che fa progredire l'umanità. Per arrivare dove?

Questo è stato davvero il modo migliore per concludere tutta la vergognosa vicenda dello spettacolo teatrale di Romeo Castellucci. Stasera in piazzale Libia si è contrapposta la speranza e la serenità al degrado e alla disperazione. Si è contrapposta la Vita alla morte. Lo si è fatto nell'unico modo possibile, nell'unico modo realmente razionale: invocando Colui che ha dato la Vita, che ha dato la speranza, che ha insegnato l'Amore infinito, e invocando la Madonna, Madre dolcissima, esempio della vera unica genialità, quel “sì” incondizionato alla volontà di Dio, che ha salvato l'umanità.

Cosa scriveranno domani i pennivendoli e gli intellettuali a tassametro? Ma chi se ne frega!

Questa sera in piazzale Libia, trecento persone, in comunione con altre centinaia di fedeli che facevano la stessa cosa in tante Chiese in tante città italiane, hanno dato la più forte risposta alla bestemmia e alla disperazione, invocando il nome dolcissimo della Mamma di Gesù. 

Faceva freddo e pioveva, ma questo non ha tolto a nessuno il calore del sorriso. Ringraziamo il Signore per questa serata, perché ci ha aiutato a fare del bene. A tutti, a noi, poveri peccatori, a quanti (troppi) sono stati alla finestra, e anche a teatranti tristi e superbi ai quali forse, Dio lo voglia, è arrivata un'eco di un Ave Maria, e ha accarezzato anche il loro cuore.

Viviamo in un'epoca sciagurata, ma questa sera abbiamo potuto toccare con mano, se per caso l'avessimo scordato, che la Salvezza esiste. 
Paolo Deotto