19 gennaio 2012

Protestare non significa rischiare di fare pubblicità


Sempre più numerose sono le persone disposte a partecipare alle manifestazioni pubbliche di protesta e di riparazione a Milano, per reagire contro lo spettacolo blasfemo di Castellucci. Da alcuni cattolici, però, questa reazione è vista con una certa diffidenza e capita di sentire l'obiezione: "Ma non si rischia così di fare pubblicità allo spettacolo? Non è proprio quello che vuole Castellucci?"
In realtà, è abbastanza chiaro che per il singolo cattolico, o per la singola associazione, quest'obiezione non dovrebbe avere ormai nessun peso quanto alla decisione pratica da assumere, cioè quanto a decidere se appoggiare o partecipare alle manifestazioni pubbliche previste davanti al teatro: infatti, ormai "il dado è tratto", lo spettacolo e il suo autore sono, purtroppo, già di fama internazionale e il Teatro Franco Parenti ha già venduto tutti i biglietti. Ma, a parte questo, l'obiezione fa soprattutto pena dal punto di vista dei principi e deriva dall'aver sottovalutato l'oggettiva gravità della rappresentazione in questione. Siamo purtroppo abituati a sentire parlare di azioni blasfeme e sacrileghe e questo ci potrebbe rendere abbastanza indifferenti davanti all'ennesima provocazione. Al limite ci ispirano un po' di disgusto i responsabili di queste azioni ma, in fin dei conti ci ispirerebbe molto più orrore un omicidio o qualcosa del genere. Ebbene, se questo è il caso, per un cattolico, c'è qualcosa che non va. Non dobbiamo reagire sulla base di sentimenti, ma sulla base dell'intelligenza illuminata dalla Fede.



Ragioniamo quindi secondo la morale cattolica, come Cristo stesso ragionerebbe: un'offesa è tanto più grave quanto più eccellente sia la persona che si offende. Perciò la bestemmia che offende direttamente Dio, Sommo Bene, è il male più grande. Soprattutto se l'offesa è pubblica. Soprattutto se si offende Dio con quello che di più basso c'è nell'uomo: le sue feci. Tutti i teologi e santi dottori della Chiesa sono d'accordo su questo fatto: che la bestemmia, facendo parte di quei peccati che riguardano Dio direttamente, è oggettivamente più grave di tutti gli altri. Più grave anche, ad esempio, dell'omicidio. Certo, spesso non si ha la piena consapevolezza di quel che si fa quando si proferisce una bestemmia, e si tratterà allora di un peccato soggettivamente meno grave di quello dell'omicida, che di solito ha una consapevolezza maggiore, ma la gravità oggettiva resta. Inoltre, si può presumere che nel caso di specie anche la consapevolezza soggettiva ci sia nel drammaturgo Romeo Castellucci: chi sostiene che "l'angelo dell'arte è Lucifero" e che "lo spettacolo mette in scena gli aspetti più volgari del mio essere, cioè l'artista che vuole rubare a Dio l'ultimo e più importante Sefirot. Questa è la maggiore gioia dell'artista: rubare a Dio"  (da un'intervista rilasciata da Romeo Castellucci alla rivista di arte australiana Real Time Arts, n. 52, 2002) sa perfettamente contro chi si scaglia con la sua arte oscena. In ogni caso la bestemmia pubblica è proprio l'atto diametralmente opposto alla professione pubblica della Fede: perciò la manifestazione pubblica di protesta, di preghiera e di riparazione è l'atto che più perfettamente si proporziona all'offesa.  

Si organizzano manifestazioni pubbliche contro azioni violente, scandali vari, ecc., fatti, insomma, meno gravi di una pubblica bestemmia. Così facendo si fa un po' di pubblicità a chi ha commesso questi fatti ma... cosa importa? Nel caso che ci occupa la manifestazione pubblica di protesta o di riparazione è proprio l'azione proporzionata e necessaria, "giusta" insomma, in risposta alla rappresentazione blasfema: una professione pubblica di Fede contro una pubblica offesa a Dio. Questa risposta spetta in primo luogo ai Pastori della Chiesa, quelli che "ex officio" devono cercare la gloria di Dio, ma è anche dovere dei fedeli, secondo le possibilità di ciascuno, perché tutti i battezzati in Cristo, e ancor di più i cresimati in Lui, hanno il dovere di difendere l'onore del loro Salvatore e Maestro. 

Così facendo si assicurano dei benefici (fama, soldi...) agli autori dell'opera? Evidentemente, prima di intraprendere ogni azione morale di rilievo si impone anche un bilanciamento degli effetti positivi e negativi dell'atto (qui: le manifestazioni pubbliche) ma appunto, sono proprio gli effetti positivi, insieme all'intrinseca bontà e giustizia dell'atto, a far pendere la bilancia nettamente a favore della reazione pubblica. Certo: sempre per chi ha Fede ed ha a cuore gli interessi della Chiesa. Castellucci avrà un pò più di fama e forse qualche soldo in più, ma tutti gli atti di virtù di tanti cattolici disposti a venire anche da lontano per difendere l'onore di Cristo? Tutte quelle Messe di riparazione che rendono a Dio la più grande gloria? Tutto quel movimento, anche sulla rete, che obbliga i cattolici a unirsi nella battaglia comune e sveglia molti dal sonno dell'indifferenza? Tutti quelle preghiere pubbliche che sono la più bella manifestazione di Fede e di "vita ecclesiale", nonché il più utile antidoto contro la bestemmia pubblica? Sono beni che trascendono i vantaggi temporali di qualche discusso personaggio. Il male ha solo paura della reazione ferma e decisa dei buoni. Il male non chiede altro che l'indifferenza, perché è un male sia l'indifferenza di fronte al bene sia l'indifferenza di fronte al male. Manifestiamo allora pubblicamente per difendere l'onore di Cristo. Lui stesso ci suggerisce la condotta pratica da seguire: "Chi dunque mi avrà confessato davanti agli uomini, anch'io lo confesserò davanti al Padre mio, che è nei cieli"  (Matteo X, 32).

Comitato "San Carlo Borromeo"